La terza storia che presentiamo attraverso questo progetto ci narra una vera e propria esperienza di violenza verbale, psicologica e fisica. Si tratta della storia di Kiasi Sandrine Mputu, una ragazza che ha vissuto una situazione che tante, troppe donne oggi vivono e non riescono, non possono oppure hanno paura di denunciare. Questo avviene perché viviamo in un contesto in cui il modello dominante in cui viviamo è ancora maschilista e patriarcale. In Italia i dati ISTAT ci ricordano che solo nel 2016, 6 milioni e 788 mila donne tra i 16 e i 70 anni, hanno subito qualche tipo di violenza. (Cf. http://www.istat.it/it/files//2018/03/Violenza-di-genere_Prof.-G.-Alleva.pdf).
Il coraggio di Sandrine, deve ricordarci che si può e si deve superare una situazione come la sua. Le conseguenze di una violenza sono strazianti e dolorose per chi le vive e la forza di affrontare tutto questo può nascere solo da noi stessi. La forza di fermare tutto questo, invece, nasce dalla volontà raccontare e condividere la violenza o la discriminazione che abbiamo vissuto. Infatti, solo rendendoci conto di cosa possa veramente significare vivere una situazione del genere, attraverso le coraggiose parole di chi decide di rompere il silenzio, possiamo rivivere e comprendere la profondità del dolore che la violenza o la discriminazione causano. Di seguito il racconto di Sandrine che ringraziamo di cuore per la sua forza e il suo valore.
Tante volte mi sono chiesta: come sono riuscita a mettermi in una situazione così pericolosa e lasciare nelle mani di qualcuno il potere di distruggermi? Come ho fatto a non accorgermi da subito che qualcosa non andava? Perché ho aspettato così tanto prima di far qualcosa? Devo dire che cercando le risposte dentro di me, tramite l’ascoltare i racconti di storie analoghe alla mia, ho realizzato che non é proprio così semplice individuare i campanelli dall’allarme che comunque si manifestano nel tempo e non dal principio, come alcuni invece credono. E purtroppo, vivendo in prima persona la situazione, la nostra razionalità non da il meglio di sé, specie quando sono coinvolti i sentimenti e peggio ancora quando viviamo in uno stato di malessere e di ‘autocolpevolizzazione’.
Nel mio caso, le cose hanno iniziano a prendere una brutta piega quando ho scoperto che il mio ragazzo mi aveva tradito, motivo per cui gli ho detto che volevo chiudere con lui. E di fatto lo feci. Mi chiese da subito di perdonarlo e di dargli un’altra chance, che gli mancavo, che stava male e aveva bisogno di me. Inoltre puntualizzava il fatto che io non c’ero mai e per questo si sentiva trascurato. Aveva pure appena perso la madre per cui mi sono sentita responsabile e ho così deciso di dargli un’ultima possibilità. E per il nostro rapporto, abbiamo deciso di vivere più vicino. Ho sempre respinto l’idea di vivere assieme, per cui abbiamo trovato un compromesso: non insieme, ma vicini. Si era liberata una stanza nell’appartamento dove vivevo io e quindi l’idea di stare più vicini, e trascorrere più tempo assieme, non sarebbe più stata solo un’idea. Inizialmente le cose andavano bene, fino a quando sono iniziate le prime liti, le accuse infondate, per poi arrivare all’isolamento, all’umiliazione costante; per questo ho iniziato a prendere in considerazione un trasferimento.
É stata una lotta costante tra quello che mi dicevo, la mia parte razionale e l’amor proprio, e quello che invece mi dicevano i miei sentimenti convinti che quel determinato episodio sarebbe stato l’ultimo. Alternava i suoi momenti di follia a quelli dolci, premurosi e protettivi e quindi tutte le volte che arrivavo alla decisione che fosse tempo di lasciarlo, lui puntualmente faceva o diceva qualcosa che mi faceva cambiare idea fino ad arrivare a tentare il suicidio davanti a me. Avendo avuto dei precedenti con la depressione, che mi portano a provare molta empatia nei confronti di chi ne soffre, non sapevo più come comportarmi: qual era il limite tra il cercare di aiutarlo e cercare di aiutarmi? Ho sempre pensato di potere aiutarlo nei suoi problemi, insegnargli ad amare e donargli quello che non aveva mai ricevuto perché da parte mia anche io ho conosciuto la sensazione di avere quella certa mancanza.
E quindi, a causa di tutti questi fattori é stato difficile riconoscere i segnali ma soprattutto uscirne definitivamente. Le cose hanno continuato a peggiorare, la sua depressione aumentava tanto che non andava manco più a lavoro e buttava tutti la sua frustrazione e il suo malessere su di me. Il degenero é avvenuto nel periodo in cui ci siamo trovati completamente soli, poiché gli altri erano partiti per le vacanze. Le scenate di gelosia aumentavano fino a diventare quotidiane e per qualsiasi cosa, le mie interazioni/relazioni con amici e famigliari erano sempre più limitate e quindi nessuno all’infuori di non due sapeva cosa stava succedendo. Mi colpevolizzava per qualsiasi cosa, non andava mai bene quello che facevo, non era mai abbastanza e le accuse per qualsiasi cosa erano infinite. L’isolamento e le violenze verbali sono poi diventate fisiche, fino ad obbligarmi con forza a fare cose che non volevo tenendomi ferma e dicendo che ero la sua ragazza e che se l’avessi amato davvero mi sarei dovuta lasciare andare. La prima volta é stato devastante ho pianto e pianto e non mi sono mai sentita così sola come in quel momento. Non sapevo con chi parlare e me ne vergognavo davvero tanto. Stavo davvero molto male fisicamente e mentalmente; ho iniziato ad avere attacchi di panico sempre più frequenti e sentirmi stanca, depressa e disorientata. Avevo provato a parlarne con lui nella speranza che sarebbe riuscito a capire quanto male mi faceva e che quindi avrebbe poi smesso. Ma così non é stato. D’altra parte secondo lui facevo problemi per nulla, perché troppo immatura e problematica, esagerando una situazione che in una coppia diceva essere normale e automatica, ma che a causa del mio modo di essere così difficile e testarda stava complicandosi e stavo facendomi del male da sola, rischiando di rovinare di nuovo la nostra storia. Insomma ancora una volta sembravo essere io la causa della disfunzione del nostro rapporto e anche se entrambi la vivevamo in maniera diversa, ciò che era per entrambi evidente era che le cose non stavano andando bene e che non eravamo felici; che qualcosa doveva cambiare. Ma dato che lui non voleva cambiare ho deciso che da parte mia l’unica cosa potevo fare era chiudere. Mi sono resa conto che se avessi continuato a così sarei arrivata alla completa distruzione di me stessa, e che tutti i sogni che avevo non si sarebbero mai realizzati. Inoltre ho ammesso a me stessa che non mi amava come diceva, ma soprattutto che non stavo bene e che quindi non sarei comunque riuscita ad aiutare nessuno dei due. Ho preso coscienza del fatto che non ero la persona più indicata per aiutarlo nei suoi problemi, di cui non avevo responsabilità alcuna e quindi ho scelto me stessa. Avevo provato a comunicarglielo, ma era sfociata in un ennesima lite violenta in cui venivo accusata di essere egoista e in cui lui cercava di dissuadermi facendo la vittima e parlando di suicidio. Per questo ho deciso semplicemente di sparire: ho cambiato numero di cellulare, mi sono spostata lontanissimo, isolandomi da tutti e cercando di riprendermi e riprendere in mano la mia vita. Iniziando da un percorso di self love e self care, ho ritrovato la stima e sono riuscita a perdonare me stessa di aver permesso di trovarmi in una situazione del genere.
Ho imparato a rispettare di più la mia persona anche talvolta tagliando da subito i ponti non appena il rispetto veniva meno. Ci é voluto veramente tanto prima di riprendermi del tutto da tutti i danni che questa vicenda mi ha lasciato. Non é facile ma é possible stare meglio e anche se ogni tanto ci sono state delle ricadute con attacchi di panico ecc, posso testimoniare che é possibile tornare a vivere. Anche se in alcune circostanze ci possiamo sentire senza speranza, dobbiamo invece ricordarci che anche se non ci sembra, in realtà abbiamo il controllo delle situazioni e possiamo riprendere in mano la nostra vita in ogni momento. Non é mai ne troppo tardi ne troppo presto per tornare a sorgere e risplendere.
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