La sesta storia di questo nostro progetto #tellusyourstory è una struggente storia di violenza. Comprendiamo la scelta di rimanere anonima di questa coraggiosa donna che ha scelto di raccontare un evento così angosciante. Già nel caso della terza storia avevamo menzionato la gravità che le statistiche ci riportano oggi relative alla violenza e la discriminazione sulle donne. Lasciamo a voi i commenti, a noi mancano le parole davanti a tanta cattiveria e inumanità.
Ringraziamo questa persona che ha scelto di partecipare e condividere il suo dolore.
Ho deciso di partecipare al progetto #tellusyourstory di Peace Words non perché finalmente io abbia trovato il coraggio di denunciare chi mi ha fatto del male, ma perché ho trovato il coraggio di raccontare cosa mi è successo tanti anni fa e perché credo che tante donne come me abbiano vissuto esperienze simili e forse, leggendo, possano trovare il coraggio anche loro di smettere di sentirsi in colpa o vergognarsi per qualcosa di cui sono state vittime.
Ho scelto di restare anonima, perché come ho scritto sopra, non ho mai detto a quasi a nessuno quello che ho vissuto e per tantissimi anni ho lasciato che mi logorasse dentro come un pugnale di cui ti rimane la lama dentro quando provi a toglierlo, poi ti vesti, ma quella lama è ancora li e sanguina e anche se nessuno la può vedere è una ferita che non si rimargina più. Ogni volta che ripenso a quel momento mi ritorna in mente anche dopo oltre dieci anni come fosse ieri, ogni volta! Una persona di cui mi fidavo, che non consideravo una cattiva persona, forse anche per ingenuità, o per la mia giovane età quando è successo, ha deciso di farmi il male più grande che si può fare a una donna. E così come succede spesso, credendo a delle voci che come spesso girano per pura cattiveria o invidia, ha deciso di assumere il ruolo di giudice e “darmi una lezione”. Maledette le persone che parlano alle spalle delle altre inventando le cose, ma soprattutto maledetti loro! Non ha giustificazioni quello che ha deciso di fare insieme ai suoi due amici. Non ce l’ha. E cosi ricordo i suoi occhi, e la sua mano che cercava a tutti i costi di zittirmi, perché qualcuno poteva sentire. Ricordo il suo amico che mi ha costretto ad aprire le gambe e ricordo che mi sono sentita impotente. Avrei voluto morire. L’ho voluto per anni ogni volta che quella voce e quell’immagine entravano prepotentemente nella mia testa. Ricordo perfettamente la sua voce che mi dice che devo stare zitta e fare quello che volevano, che se non avessi opposto resistenza non mi avrebbero fatto del male…non mi avrebbero fatto del male??????? Aveva davanti a se una persona impaurita e non completamente cosciente perché furbamente avete offerto delle birre per stordirla un po’…in tre ….come fai a dire una cosa del genere…in tre, uno non bastava…in gruppo come animali per sentirsi più forti, davanti a una persona impaurita…
Non me la sento di andare avanti…posso solo dire che per anni non sono più stata in grado di avere un rapporto sessuale senza bere almeno una bevanda alcolica prima…ancora adesso mi da fastidio quando arriva quel momento e vorrei dire che non arriverà più ma come spieghi al tuo compagno, un uomo, che in realtà non sei in grado di fidarti più degli uomini…e che lui è solo l’ennesimo con cui provi a costruire un rapporto ma che in realtà non hai più le basi e forse non le avrai mai più per costruire un rapporto…che quando ti hanno detto che non ti avrebbero fatto del male non solo ti hanno come marchiato a fuoco sulla pelle la repulsione verso gli uomini, ma ti hanno anche condannato alla solitudine.
Spero che le mie parole aiutino qualcuna, che come me vive nascondendo una ferita, a non nasconderla più, trovare il coraggio di raccontare a qualcuno quello che ha vissuto. Non è facile denunciare quando per anni ti senti in colpa per quello che ti è successo, per anni ti chiedi se bevendo una birra in meno forse avresti potuto staccare quella mano dalla bocca e gridare con tutta la forza aiuto.
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