#tellusyourstory – Storia n. 9

alice2La nona storia del progetto #tellusyourstory di Peace Words si colloca tra quelle legate alla violenza sulle donne e abbiamo avuto accesso a questa tragica esperienza tramite un’intervista, che abbiamo trascritto integralmente, con la persona che ci ha concesso di conoscere il suo vissuto. Dovremmo inoltre parlare di violenza su una ragazzina più che su una donna, visto che l’esperienza tragica di questa ragazza bresciana, ormai trentenne, è avvenuta quando lei era solo una adolescente ed è terminata quando aveva solo diciotto anni. Storie come la sua, come quelle che già abbiamo raccontato in precedenza sono centinaia di migliaia, ma restano nel silenzio. Il dolore di una vittima si trasforma in un muro dietro il quale nascondere certe esperienze. La gogna sociale che vivono le obbliga al silenzio. In una cultura maschilista, dove azioni e linguaggio sono la diretta conseguenza di una sottomissione all’uomo, sembra quasi naturale vedere l’acquiescenza da parte delle istituzioni di fronte a questo fenomeno. Eppure questo progetto è la testimonianza diretta che c’è una volontà di interrompere questo circolo vizioso, di trasformarlo in un circolo virtuoso, di collaborazione, sostegno e denuncia. La scelta dell’anonimato in questo caso è stata dettata dal desiderio di rendere pubbliche certe vicende ma senza coinvolgimenti presenti, per lasciarsi comunque alle spalle tutto il male vissuto. Inoltre la persona non ha voluto menzionare né di quale ospedale si tratti né di che paese fosse la Caserma dei Carabinieri per tutelare la sua privacy e tranquillità. Ringraziamo come sempre questa forte e coraggiosa guerriera che ha fatto della sua esperienza un esempio positivo per tutte!

Sono una donna bresciana di trent’anni. Ho scelto di partecipare a #tellusyourstory di Peace Words perché credo che storie come la mia vadano conosciute e perché credo che si possa e si debba fare di più per prevenirle. Quando avevo sedici anni ho conosciuto questo ragazzo che aveva nove anni più di me, io ero molto innamorata, ma ovviamente la mia famiglia ha fatto un po fatica ad accettar la cosa, sai… sedici venticinque anni non è come trenta quaranta. Non hanno assolutamente voluto però io ero molto caparbia e convinta e quindi hanno permesso questa frequentazione. All’inizio tutto ok, nel senso che era molto premuroso, un ragazzo che era normalissimo, lavorava e quant’altro. Anche la sua famiglia mi ha accolto molto bene, erano non dico come dei secondi genitori perché per me i genitori sono solo due, però comunque erano una famiglia con cui mi trovavo bene, stavo spesso a casa loro e tante volte quando lui lavorava sua mamma veniva a prendermi alle superiori all’una e mezza e mi portava a casa così quando lui tornava, metti che faceva il mattino e tornava alle due o alle tre io lo aspettavo a casa. Quindi c’era questo tipo di rapporto. Dopo un anno lui mi disse che aveva perso il lavoro, ma comunque abitava ancora con i suoi quindi insomma era giovane e c’era il modo di recuperare. Però notavo in lui dei comportamenti strani. Era molto irascibile, non sapevo cosa facesse la sera, il suo carattere era completamente cambiato e i suoi cercavano di coprile la cosa. Così aveva piano piano cambiato completamente il suo comportamento. Aveva iniziato nel giro di pochissimo tempo, parliamo di settimane, delle crisi isteriche, a essere violento verbalmente con tutti e avere dei comportamenti che mi avevano stupito negativamente. Praticamente cosa era successo, si era scoperto che faceva uso di droghe pesanti, di cocaina proprio. Era già arrivato a uno stato di dipendenza nel giro di pochissimo tempo e praticamente hanno iniziato a fargli dei TSO, trattamenti sanitari obbligatori. Quindi ogni mese, ogni due mesi entrava due o tre settimane in psichiatria in un ospedale di Brescia. Quindi per me tutto questo, che ero innamoratissima, significava uscire da scuola alle 13:30, la scuola finiva a quell’ora e andare in psichiatria che apriva alle 13:40 per l’orario di visita dell’ospedale e restavo li fino alle 15 in cui l’orario di visita terminava. Quindi si può immaginare una ragazza così giovane, ero in quarta superiore, passarsi le sue giornate in psichiatria.

Questa storia è andata avanti tre anni in questo modo, finché poi a un certo punto… e c’erano dei periodi in cui stava meglio, ma comunque non lavorava anche se riprendeva la sua vita. Poi ha iniziato a diventare proprio violento. Finche un giorno eravamo giù al lago, che io ero solita frequentare durante il periodo estivo, eravamo andati al porto a bere una birra e io gli avevo detto che con lui non potevo più stare perché ero troppo giovane per rovinarmi la vita così e che comunque vedevo che non c’era un recupero… i miei genitori poverini… io non so come ho fatto ma li ho tenuti all’oscuro di tutto… loro pensavano che io andassi a casa sua che lui lavorasse… insomma ho avuto una forza tale da tenergli nascosto tutto nonostante loro siano due persone molto presenti nella mia vita; cioè loro lavorano ma il lavoro viene dopo le figlie; ma io ho avuto la forza di cercare di non coinvolgere la mia famiglia… finché poi quella sera li mi ha messo le mani addosso. Proprio in riva al lago, la mia fortuna è stata che c’erano dei ragazzi che facevano la pesca notturna con gli starlight e che hanno sentito che stavo urlando e sono intervenuti, nel momento in cui lui li ha visti correre verso di noi si è dileguato. Non ho avuto fratture ne mi ha fatto male come in altri casi che si sentono, per fortuna ma mi ha sbattuto la faccia contro i sassi e mentre mi aggrediva sono riuscita a liberarmi perché lui si è alzato appena appena quando ho iniziato a urlare e ha sentito i ragazzi che accorrevano. Ovviamente ero tumefatta ma non è riuscito a fare peggio fortunatamente… anche se qualche mese prima, eravamo in macchina si era arrabbiato e non so per quale motivo, guidava lui e mi aveva preso la testa e me l’aveva sbattuta contro la radio… per cui non era il primo episodio, ma il secondo.

La mattina seguente praticamente l’ho denunciato, perché i segni erano evidenti e non potevo nasconderli, ho dovuto raccontarlo a mia mamma, e per loro è stata una vera tragedia. Quindi mi ha accompagnato e sono andata ai Carabinieri di un paese sul lago. Ho raccontato tutto ai Carabinieri e che questa situazione la sapevo da anni e con in parte mia mamma quindi si possono immaginare i sensi di colpa che può avere anche un genitore. Io ero bravissima a scuola e come figlia, le mie prestazioni scolastiche non sono mai calate, mi vedevano felice a volte si a volte no ma hanno pensato fosse per via dell’adolescenza, per cui loro erano abbastanza sereni. Non erano contenti di lui ovviamente e non entrava in casa nostra. Ma la risposta del Carabiniere è stata terribile, io ho fatto la denuncia e lui mi ha detto usando le sue parole: “Ragazza mia, se tu sapevi di questa situazione e non hai troncato prima è colpa tua, te la sei cercata”. Non sto scherzando, mia madre è testimone di quelle parole. Ci disse, se volete andare avanti poi, facciamo la denuncia e noi l’abbiamo fatta, ma non siamo andati avanti perché ce l’hanno sconsigliato, perché la giustizia italiana non avrebbe fatto nulla. Come nei casi di tutte quelle povere ragazze che hanno denunciato cinque, sei sette, volte… perché bisogna dirlo, le vittime di violenza da parte dei fidanzati nella maggior parte dei casi hanno fatto denunce su denunce e la Polizia e i Carabinieri non sono mai intervenuti. Mai!! Per cui mi era stato sconsigliato perché comunque non mi avrebbero dato ragione e quando è successo quell’episodio ero già maggiorenne e hanno insistito che non me l’avrebbero data perché sapendo la situazione me la sono andata a cercare secondo loro. Mentre io ero innamoratissima e avevo aspettato tutti questi anni prima di lasciarlo perché speravo che lui potesse guarire.

La violenza peggiore è stata da parte dei suoi genitori che sapevano tutto, ancora quando ero minorenne e non mi hanno mai detto, nonostante dicessero di volermi bene, di lasciar stare il loro figlio perché ha dei problemi o almeno dire aspetta che stia meglio o almeno persuadermi. Con la maturità di una trentenne, ritornando indietro dico ma come, anche loro che erano che erano comunque persone di 55 anni, lavoratori con il loro vissuto, non mi hanno tutelata per niente!!!!

Fatto sta che questa persona vive dall’altra parte dell’Italia perché vive in una comunità e perché non è più in grado di intendere e di volere e questo l’ho saputo ancora qualche anno fa. Ha abusato talmente di sostanze stupefacenti che è rimasto leso a livello cerebrale, non può più guidare non può più fare niente ed è chiuso nella sua comunità per tossicodipendenti. Per fortuna per me faceva solo uso di queste sostanze, e non faceva cose più gravi nel senso che ho avuto un terrore incredibile di aver contratto delle malattie veneree come epatite o HIV, e per stare tranquilla avevo fatto tutti gli esami del caso e non avevo nulla. Ero terrorizzata dal fatto che oltre alla violenza verbale e fisica avessi anche questo prezzo da scontare. Invece no per fortuna. Ma comunque è stato un dramma per tre lunghi anni, una tragedia, e io per uscirne ho fatto quattro anni di psicoterapia, per cui dai 18-19 fino ai 22-23 anni per due tre volte a settimana.

Ora l’ho superata, sono riuscita a superarla oggi ma me la sarei evitata volentieri perché è stata proprio una tragedia per me. Se io ripenso oggi a quei momenti ho avuto la forza da sola e dopo con i miei, ma a parte loro nessuno mi ha aiutato. Nessuno e tutti sapevano, i suoi lo sapevano, gli infermieri di quell’ospedale, che a proposito non capisco come potessero far entrare tutti i giorni una minorenne, all’epoca in cui è iniziato tutto, perché per entrare dovevo presentare il mio documento di identità e loro lo vedevano e vedevano chi ero. Non ero nessuno, non ero la sua compagna perché non esistevano nemmeno le coppie di fatto all’epoca, tornando indietro di oltre dieci anni.. questi facevano entrare una minorenne nel reparto di psichiatria per adulti tutti i giorni, da denuncia…vedevo i pazzi che urlavano gente con allucinazioni, ho visto cose terribili. Nessuno a distanza di quegli anni io e miei ci domandiamo ancora come nessuno mi abbia tutelata. Perché non mi hanno mai chiesto chi fossi, come mai ero li e nessuno ha avvisato i miei genitori? Ed ero minorenne, ma anche se fossero stati 18 e un giorno, qualcuno avrebbe dovuto interessarsi e chiedermi il che so il telefono dei miei genitori, che devono essere informati della tua presenza qui. E forse tante cose si sarebbero evitate. Ne i genitori di lui, ne il personale competente della psichiatria del’ospedale, hanno fatto niente per evitare questa cosa. Solo grazie alla psicoterapia ho superato questa cosa e grazie ai miei genitori che si sono potuti permettere di aiutarmi economicamente in questo percorso che come si sa è molto, molto costoso.

Questa esperienza mi ha segnata, io non ho mai fatto uso di droghe e dopo questa esperienza ho iniziato ad avere paura di tutti gli amici che frequentavo, isolandomi. Questo perché essendo cresciuta in una zona molto centrale di Brescia e facendo parte della “Brescia bene”, io vengo da una famiglia benestante con frequentazioni benestanti, tutti i ragazzi della mia età facevano fanno uso di droga in una maniera preoccupante, chi lo spinello, chi la coca… tutti avevano sempre soldi in tasca. Mi ha influenzato negativamente perché ho sempre avuto paura e io fatico ad avere fiducia in una persona che fa uso di sostanze perché diventano pericolose. Molto.

Ma ne sono uscita serenamente, oggi cerco di circondarmi di persone dolci, che abbiano attenzione, non sopporto le persone che urlano o aggrediscono verbalmente perché senno già mi tiro indietro. I due atti di violenza fisica sono stati solo il culmine, sono stati tre anni terribili. E sono stata fortunata, se non ci fossero stati quei ragazzi sul pontile cosa mi sarebbe successo? Se non avessi avuto la forza di scappare? Se avessi bevuto una birra in più e quindi i riflessi più lenti e non riuscire a urlare? Potevano succedermi tante cose. Ma i Carabinieri non avrebbero fatto nulla, mi è stato detto più e più volte che la colpa era mia, che me l’ero cercata. Il Carabiniere non ha voluto andare avanti con la cosa, e infatti la denuncia è andata in pane e acqua. I miei per fortuna hanno pensato principalmente al mio benessere psicofisico prima di proseguire e abbiamo comunque ottenuto con altri mezzi quello che volevamo che lui stia a 1200 km di distanza. Perché con la legge non avremmo fatto nulla, è uno scandalo quello che è successo tra Carabinieri e personale dell’ospedale. Uno scandalo che nessuno si sia domandato cosa ci fa tutti i giorni una minorenne in un reparto di psichiatria senza contattare nessuno per informarsi. Le istituzioni devono agire e sono assenti. È uno scandalo quando senti le denunce di ragazze che vivono la violenza poi finche non scappa il morto non succede niente. Le pene sono ridicole, chi fa del male qui se la ride, perché tra buona condotta questo e l’altro non solo non rieduchi, io lo so perché sono laureata in giurisprudenza, ma escono a breve. Per violenza nella peggiore delle ipotesi ti fai due o tre anni, o addirittura i domiciliari. Le pene non sono esemplari. Non si tengono d’occhio le dipendenze e qui a Brescia in particolare. E vedi i ragazzi rovinati.

Questo è quanto, sette anni per chiudere con questa tragedia. Mi sono ripresa perché ero giovane, ho avuto un appoggio saldo da parte della mia famiglia, e ho potuto ricostruirmi una vita e ho appreso a costruirmi delle relazioni stabili e solide. Ma è stata dura, con tutta quella violenza psicologica e verbale che ho subito. Ho vissuto una tragedia.

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