Siamo circondati dalle emozioni, quel filtro che ci mette in relazione con il mondo circostante. La comunicazione è il canale che permette questo contatto. Possiamo trasformare la realtà attorno a noi se impariamo ad usarla.


Tutto il mio percorso, ogni singola esperienza mi ha portato a ciò che sono diventata. Nel bene e nel male ho imparato ad ascoltare la chiamata della voce degli altri, di chi può raccontarsi ma anche di chi comunicava con me senza parlare. Ho imparato a leggere le emozioni. Ho imparato ad essere un canale per trasformare i messaggi che mi arrivavano e diventare un megafono, perché nessuno possa più restarvi sordo.
Sono Aglaya Jimenez Turati, italo-colombiana, nata e cresciuta a Brescia a pizza, salsa e merengue, come dico sempre. La mia storia comincia quando ho iniziato a prendere consapevolezza del mondo attorno a me, delle sue infinite varietà, dettate dal mio background interculturale e dalla capacità di comunicare con realtà diverse.

Ho compreso che potevo essere un canale che avrebbe trasformato il mondo attorno a sé. Nel 2017 ho conseguito con fatica e soddisfazione il Dottorato di Ricerca in Comunicazione sociale a Roma, la mia amata Roma direi, dove risiedo ora, trattando un tema che ha determinato tutto il mio percorso successivo. Nella mia tesi dal titolo ‘Apartheid e riconciliazione in Sudafrica. Un indagine sul campo’, ho analizzato e provato a comprendere come la situazione vissuta da questo paese si sia evoluta dopo la fine del Processo di Riconciliazione, dal punto di vista del dialogo e dell’integrazione. Quello che maggiormente ha cambiato la mia vita, dopo questa meravigliosa esperienza, è stata la permanenza in Sudafrica per diversi mesi, durante la ricerca sul campo. Qui ho conosciuto la ‘narrazione curativa’, ovvero lo Storytelling Terapeutico, oggi cuore dei miei studi e del mio lavoro.


Tutto il mio percorso accademico si era sempre centrato sulla comprensione qualitativa dei fenomeni che di volta in volta dovevo approfondire e quando questo si è concluso, ho avuto chiarissimo il perché di questa mia propensione. Tutto ciò che ho fatto mi ha condotto ad essere chi sono oggi, a quello che faccio e ha definito il mio profilo professionale.
Contemporaneamente alla fine del dottorato ho fondato insieme ad altre persone che hanno condiviso l’ideale che l’ha motivata, Peace Words, una Associazione di Promozione Sociale che si occupa di educare al dialogo e all’integrazione, sensibilizzare e promuovere una pace positiva, in cui si creino le condizioni perché la giustizia, l’ugliaglianza e il rispetto per le altre persone e per l’ecosistema siano la normalità. Per sei anni mi sono dedicata a questa iniziativa, da me fortemente voluta. Ma come per tutti, non possiamo fermarci a un traguardo, né possiamo fermare l’evoluzione che contraddistingue la nostra identità narrativa, destinata alla dinamicità fino all’ultimo. E così piano piano e grazie al percorso intrapreso mi sono avvicinata all’educazione emozionale e alla psicologia positiva. Ad oggi, lasciatami alle spalle la meravigliosa esperienza con Peace Words, proseguo con iniziative e progetti che portano avanti quanto per cui ho lavorato tutti questi anni.

Uno dei momenti più importanti che ho vissuto, come ho scritto nell’articolo del blog, è avvenuta quando ho iniziato i corsi di Storytelling terapeutico che hanno arricchito così tanto la mia anima da farmi fare un salto di qualità in avanti, creando prima Empowering Storytelling come progetto e poi come brand. Quando qualcuno mi chiede il mio curriculum, o chi sono e cosa faccio per me non c’è altra risposta che quella di raccontare la mia storia.
“Gli scienziati dicono che siamo fatti di atomi ma un uccellino mi ha detto che siamo fatti di storie” (Galeano)
Solo raccontandomi posso trasmettere la mia essenza e solo facendolo dimostro di aver capito ciò di cui parlo da tutti questi anni e l’infinità di sfumature che ognuno di noi può arrivare ad essere.